Carlo Ferrari: “Il colore, la parola”
presentazione di Lodovico Gierut, critico d’arte e giornalista
Pietrasanta, Palazzo Panichi-Carli 15 gennaio 2011
Nel fiorire e nel concludersi in questo periodo tra il 2010 e il 2011 di varie iniziative artistiche a Pietrasanta, mi si permetta di dedicare altre parole, e sottolineare qualche concetto sul ‘fare’ di Carlo Ferrari.
“Poeta che scrive, Poeta che dipinge”, tali le testuali parole di Domenico Lombardi – poeta pure lui – sottolineando “... una punta di colore che accende il quadro, così come quella virgola, al posto giusto, esalta la poesia”.
Un paio di giorni fa, l’artista toscano ha messo a punto l’esposizione che è lineare ed equilibrata, e direi ricca di quell’armonia tanto amata dal poeta e prosatore Eugenio Montale – Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 – allorché entrava in una galleria (ricordiamo che dipingeva e disegnava). A ‘colpo d’occhio’, con puntualità e capacità degna del miglior esperto d’arte, ne individuava la dote, se c’era: l’armonia.
Sì, penso che Ferrari abbia fatto bene ad accostare alle opere eseguite tutte nel 2010 – a olio, su tavola lignea – un gruppo d’altre, sia per farci capire la sua continuità creativa che nella non eclatante nota dissimile esalta l’esistenza di un ‘filo rosso’,
sia quell’armonia tra l’essere e il fare, il donare all’unisono pittura e poesia.
“Ad ogni scintillio / del cielo rispondo / col tremore piccolo /della mia candela”.
Poche, sintetiche ma importanti le parole di questo pittore nato a Castelnuovo di Garfagnana, che da anni vive a Massa, sul cui iter rimandiamo volentieri al pieghevole di “Il colore, la parola”: si tratta di frammenti di un percorso verbale il quale – a mio parere - rendono in pieno quell’umiltà che in giusta dose dovrebbe essere di ogni creativo.
Alcuni, in questa società parzialmente frantumata, per notorietà o per potere economico, o per altri motivi, pur se certi hanno fatto cose buone od ottime – spesso, inaridendosi nella ripetitività – credono di essere immortali, e sono quasi inaccostabili, si sentono arrivati. L’artista ‘non arriva’, ma passa e contestualmente semina.
Ebbene, la parola dipinta di Carlo Ferrari, di là di tutto quello che si può pensare dell’universo dell’arte e della non arte, è stata ed è tesa sempre alla luce.
Non si specchia nel lago della propria infatuazione, va avanti nell’onestà che gli appartiene.
Osservandone i dipinti, vorrei ripetere le famose parole di Pasternàk: “Natura, mondo, nascondiglio dell’universo, io il tuo lungo rito, / in preda a un tremore segreto, / con lagrime di felicità ascolterò fino in fondo”.
Il Nostro non cede al virtuosismo, ma con la sua voce chiara ci presenta lavori che sono un degnissimo biglietto da visita.
Parafrasando altrui pensieri, è facile notare i termini dei cosiddetti “legami” che ne collegano l’Io a tutti noi, e agli altri.
Le marine, le ferite biancheggianti delle grandi cave, le pianure e i fiumi che Ferrari ha felicemente puntualizzato, ci sono davanti, nelle stanze di uno degli edifici più rappresentativi di Pietrasanta.
Tutte le tematiche che ha affrontato e risolto, contengono le emozioni, le impressioni, le ricerche cromatiche e di segno di un artista coerente e serio.
C’è la Natura, c’è l’Uomo; c’è la testimonianza di una produzione autentica dove l’Opera è di una persona determinata che pensa, e che agisce.
Credo, a questo punto, che non sia opportuna un’elencazione già a ‘portata di vista’, presenza qualitativa per un pubblico composto di amici e di conoscenti, e di collezionisti e di semplici amanti d’arte.
Sono sicuro che risponderà positivamente “al colore e alla parola”.
Da parte mia, sinceri complimenti. E’ un onore aver potuto dire qualcosa su di te.
L. G.
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